Neuromarketing: un punto di vista evoluzionario!

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Neuromarketing: un punto di vista evoluzionario!

Come il NEUROMARKETING può supportare lo sviluppo di strategie di comunicazione per i brand

In questi ultimi giorni sono stata al Brand Festival a Jesi, un evento meraviglioso che ha coinvolto diversi professionisti e il territorio marchigiano. Tema centrale di questa edizione è “l’Identità in movimento”, come sta evolvendo il concetto di Identità in Italia e come i brand devono imparare a rispondere alle nuove esigenze dei consumatori.

Ma questa è un’altra storia.

In occasione del Festival, da fedele sostenitrice del marketing umanistico con approccio Human To Human, appassionata di Psicologia e Comportamenti umani, non potevo perdere il workshop sul “Neuromarketing per Agenzie” tenuto da Francesco Gallucci e Caterina Garofalo, fondatori di Ainem (associazione italiana del neuromarketing).

Tre ore intense, ricche di spunti e scambi che definirei “evoluzionari”: una critica costruttiva verso alcune strategie di comunicazione tutt’ora utilizzate dalle agenzie e dai brand.

Una definizione di Neuromarketing fornita da Ainem:

“Il neuromarketing è uno degli sviluppi del marketing. Propone di indirizzare, ispirare e guidare le imprese e le organizzazioni a comprendere meglio e in modo più profondo le attese e i desideri delle persone, per favorire il miglioramento continuo delle proprie strategie di marketing (prodotti e servizi), di comunicazione, di management e di brand equity. Il neuromarketing nasce, e ha senso all’interno di una strategia aziendale, per dare delle risposte concrete alle motivazioni che spingono il cliente all’acquisto, in quanto riesce a bloccare l’istante in cui un’emozione viene vissuta dal pubblico e va a sedimentarsi nel suo inconscio”.

Ecco cosa mi ha colpito in particolar modo durante questo Workshop:

  1. Non ci sono più categorie classificabili, dunque è diventato inopportuno parlare di TARGET, dobbiamo considerare la persona nella sua unicità, andare nel profondo, osservare e studiare i suoi COMPORTAMENTI. L’attuale profilazione nelle attività di marketing è per lo più socio-demografica e misurabile in termini di “leads”, tuttavia cosa succede in fase d’acquisto e soprattutto dopo la vendita è importante per considerare un giusto investimento economico nelle campagne pubblicitarie. Il neuromarketing può fornire gli strumenti adeguati ai brand, per osservare e misurare i comportamenti dei consumatori.
  2. “Il marketing deve soddisfare i bisogni delle persone” è un concetto che potrebbe essere sostituito con “Il marketing deve soddisfare dei desideri e delle aspirazioni delle persone”. Tendenzialmente, nei Paesi più o meno capitalistici, il consumismo esiste così come i principali bisogni umani vengono soddisfatti. Il consumatore non cerca dai brand il modo per riempire lo stomaco, cerca qualcosa che gli consenta di vivere in modo sano, cerca il benessere fisico eventualmente.
  3. Al consumatore non interessa tanto il PRODOTTO, quanto piuttosto cerca un riscontro valoriale, aspirazionale. Inoltre, è il contesto che spesso determina l’acquisto: cosa sta provando in quel momento, con chi si trova in quel momento. Ecco che occorre studiare le EMOZIONI, individuare quali vogliamo trasmettere in una strategia di comunicazione, consapevolmente e con cura.
  4. E ancora una volta I VALORI. Bisogna considerare la relatività del linguaggio poiché le associazioni valoriali ad una parola cambiano di significato in base alla persona, bisogna quindi lavorare sulla relazione tra trigger esterno e trigger interno. Se scrivo “casa”, ognuno assocerà un’immagine o altre parole in base al proprio unico bagaglio esponenziale. Ma per questo c’è la NEUROWORDS 🙂

GLI STRUMENTI DEL NEUROMARKETING

Tutto molto bello, tutto molto teorico?

No, perchè il neuromarketing utilizza degli strumenti che consentono di misurare le emozioni e i comportamenti delle persone.

Alcuni degli strumenti utilizzati da B-Side: il laboratorio del neuromarketing creato da Elena Sabattini.

  • Eye-tracking: heatmap e scanmap, con cui è possibile rilevare la concentrazione di calore e il percorso nella visualizzazione ad esempio di un sito web, banner pubblicitari, logo e qualsiasi altro contenuto digitale.
  • EEG: attraverso l’analisi del segnale EEG permette di misurare l’atteggiamento di un soggetto verso un brand, un prodotto o un elemento di comunicazione, quantificando l’interesse percepito, lo sforzo mentale richiesto per comprendere l’informazione e altri fattori che influenzano la scelta.
  • GSR – GALVANIC SKIN RESPONSE: L’intensità della risposta emozionale suscitata da un contenuto comunicativo può essere misurata attraverso la registrazione dell’attività elettrodermica (EDA), anche detta Risposta Galvanica della pelle (GSR). Si tratta di una risposta automatica e non controllabile, e consiste in una variazione della micro-sudorazione cutanea tale da modificare la resistenza elettrica della pelle. Stimoli emotivamente rilevanti aumentano la risposta simpatica dell’organismo, e determinano un incremento dell’attività delle ghiandole sudoripare: più alta è la risposta galvanica, più è intensa l’emozione sperimentata.
  • Facial Coding: Il volto è la parte del corpo con la massima potenzialità espressiva e rappresenta il principale canale attraverso cui comunichiamo agli altri le nostre emozioni, più o meno consapevolmente. Tramite un particolare software, possiamo si indaga in tempo reale, in modo oggettivo e non invasivo (via webcam), le rapidissime micro-espressioni facciali di una persona esposta ad una comunicazione, ottenendo informazioni utili per valutare il suo stato mentale e l’emozione provata.

Per ulteriori approfondimenti sugli strumenti: B-Side.

 

MA TUTTO QUESTO NON INCENTIVA LA MANIPOLAZIONE DA PARTE DI CHI SI OCCUPA DI MARKETING?

Credo che il consumismo sia un dato di fatto e, seppure (ben venga) ci sarà un ritorno al minimalismo, i brand non smetteranno di esistere, il marketing non smetterà di esistere, i desideri non smetteranno di esistere, tanto meglio quindi che sia il marketing ad adeguarsi al consumatore e non viceversa.

Almeno, io la vedo così.

Lettura consigliata: Manuale di neuromarketing di Caterina Garofalo